Lettura e immagini: le reazioni del cervello.
Intervista a Francesco Giordano
“Ho sempre immaginato il paradiso come una sorta di gigantesca libreria“, scriveva Jorge Luis Borges nel suo “Poema del los Dones“. La lettura può trasportare verso terre immaginarie, promuovere la comprensione tra le diverse culture, sviluppare il proprio senso critico e consentire l’esplorazione di emozioni e sentimenti personali altrimenti non sempre raggiungibili. Eppure oggi, in una società in cui la disponibilità di testi e informazioni ha raggiunto – tramite la rete – potenzialità mai ipotizzate, si assiste con sconcerto alla diffusa attitudine di soffermarsi solo sul titolo e sull’immagine dell’articolo/testo, tralasciando completamente la lettura e l’approfondimento dello stesso.
L’invasione dei social media sta proponendo una drammatica inversione delle capacità proprie della mente umana con la proposta di immagini e testi sempre più brevi, a favore di messaggi rapidi e subliminali che tendono a inibire la riflessione e lo sviluppo di un pensiero critico approfondito.
Scrive la Prof.ssa Maria Pia Rosati, nel commento al libro “La sortie du XX siècle” di Gilbert Durand: “Ai nostri giorni lo sviluppo tecnologico sta paradossalmente fornendo un nuovo bacino di incubazione per la nascita di nuove mitologie, di una nuova fantasia ‘postmoderna’. L’immaginario, relegato ad aspetto ludico o addirittura bandito nei secoli impregnati dalla logica aristotelica-tomistica, dagli illuminismi della ragione e infine dal positivismo e dalle metodologie tecnico-scientifiche, sembra rinascere, ma non quale altissima espressione della creatività umana, bensì pericoloso strumento al servizio del potere mediatico della pubblicità, novella Circe incantatrice, che nessun eroe della tempra di Ulisse sembra saper contrastare.” (tratto dall’articolo “Mitoanalisi della postmodernità )
L’attività cerebrale coinvolta nella lettura della pagina di un testo o nell’osservazione di immagini riguarda vasti e complessi ambiti della Neuropsicologia ancora oggi dibattuti, man mano che si approfondiscono le conoscenze sul funzionamento del Sistema Nervoso Centrale. A questo proposito abbiamo incontrato il Prof. Francesco Giordano – neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta, psicoanalista e docente di Modelli Psicoanalitici, Teoria e Tecnica Clinica Psicoanalitica, Neuropsicologia presso l’Istituto di Specializzazione in Psicoterapia della Società di Psicoanalisi Interpersonale e GruppoAnalisi (SPIGA) di Roma – al quale abbiamo rivolto alcune domande.
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FM. Prof. Giordano, cosa avviene nel cervello quando leggiamo un libro o un testo scritto?
FG. La lettura è il risultato dell’integrazione di funzioni diverse, che fanno capo a specifici sistemi e reti neurali; si tratta di un atto cognitivo complesso, in cui sono implicati una serie di processi:
- il riconoscimento visivo dei segni dell’ortografia;
- l’analisi dei suoni delle parole e la conoscenza delle regole di conversione dei segni grafici in suoni;
- l’articolazione dei suoni e la ricostruzione delle stringhe di suoni in parole del lessico;
- la comprensione del significato delle singole parole, delle frasi e del testo.
I primi tre processi possono anche essere considerati le fasi di un’unica attività, chiamata attività di decodifica o transcodifica, che consente di trasformare dei segni in suoni, il codice scritto in codice orale.
La lettura è il risultato dell’attivazione di aree cerebrali che processano il linguaggio verbale, situate principalmente nell’emisfero di sinistra, e di aree cerebrali sede del sistema di elaborazione visiva, in cui sembra sia implicato in particolare il sistema magnocellulare che ha il compito di elaborare le informazioni in movimento, come sono le lettere che scorrono sotto la scansione dei movimenti oculari e vengono fissate per un tempo brevissimo. La scansione visiva è l’abilità visuo-spaziale attraverso la quale è possibile lo spostamento dell’attenzione visiva lungo una stringa di stimoli allineati, come avviene, appunto nella lettura. Vi è un’integrazione tra processazione e shifting, movimenti oculari e velocità di processing visivo.
È l’emisfero di destra essenzialmente deputato alle operazioni visuo-spaziali.
FM. Da un punto di vista puramente scientifico, come definirebbe l’azione della lettura?
FG. In realtà, la lettura è una funzione cerebrale superiore che coinvolge, come già detto, diverse aree corticali, primarie, secondarie e associative, quali:
- le aree localizzate nel lobo occipitale per quanto riguarda la percezione visiva – il riconoscimento visivo – che vengono attivate, tra l’altro, dalla visione di una lettera. Più precisamente, nel riconoscimento della forma visiva delle parole è implicata la regione occipito-temporale ventrale;
- le aree del linguaggio localizzate, una per l’analisi dei suoni delle parole nel lobo temporale (in genere il sinistro), in prossimità dell’area motoria denominata area di Wernicke, l’altra per l’articolazione, localizzata nel lobo frontale, (anche in questo caso in genere il sinistro) inscritta nell’area motoria denominata area di Broca.
Entrambe intervengono nelle associazioni funzionali tra lettura e linguaggio, anche in termini di rappresentazione mentale dei concetti, degli oggetti, delle immagini in genere.
Le regioni temporali vengono attivate dall’ascolto di un suono: la regione temporale superiore interviene nella conversione delle lettere in suoni, il planum temporale e la regione parietale inferiore sono implicati nella corrispondenza lettere/suoni e grafemi/suoni.
Le aree della coordinazione dei movimenti oculari sono localizzate in prossimità dell’area motoria, ma anteriormente ad essa, sempre nel lobo frontale.
Le aree prefrontali, disposte nel lobo frontale ma in posizione ancora più anteriore, sono coinvolte nell’elaborazione cognitiva, nell’integrazione emozionale, nella pianificazione, nel vissuto del tempo, ecc.
Questa rappresentazione corticale, quindi, è molto complessa, e coinvolge diverse aree corticali, maggiormente alcune, ma anche molte altre, in un sistema di reti neurali e processi cognitivi e metacognitivi strettamente integrati e interdipendenti
FM. Attualmente è possibile, con gli strumenti scientifici a disposizione, avere una rappresentazione puntuale di quali aree del cervello vengono sollecitate durante la lettura?
FG. Le più recenti metodiche di neuroimmagini, in particolare quelle dinamiche, come la PET e la RMF, permettono di visualizzare con precisione le aree principalmente coinvolte, a seconda dell’attività svolta dal soggetto. Tuttavia, l’attività cerebrale è molto più ampia perché coinvolge aree, centri, strutture anche profonde del cervello che non possono essere evidenziate in quel dato momento, se ciò che si va a determinare, ad esempio, è solo la funzione sottesa alla lettura in termini esecutivi di un testo scritto, a prescindere dal contenuto del testo e dalle emozioni eventualmente evocate.
FM. Cosa ci può dire, invece, per quanto concerne l’osservazione di un’immagine?
FG. Per l’immagine, che non prevede una consequenzialità nell’attenzione come accade invece per la lettura di un testo, l’approccio a essa è “globale”, ancora più correlato, in questo caso, alla funzione e all’espressione del cosiddetto “cervello emozionale”. Nei confronti di un’immagine, ad esempio un’opera artistica, non c’è una pianificazione nel dare attenzione prima a delle parti e poi ad altre, almeno in un primo momento. Un esame più dettagliato, come quello compiuto da un esperto, rappresenta una fase successiva nella quale vengono chiamate in causa ben precise funzioni cognitive, finalizzate anche a una valutazione dello stile dell’opera.
FM. Proviamo ora a vedere le due operazioni (lettura del testo e osservazione delle immagini) da un punto di vista più globale, oltre le singole aree coinvolte. In altri termini, come descriverebbe i due fenomeni tenendo conto di una capacità cognitiva generale?
FG. Nella lettura di un testo è coinvolta essenzialmente una forma d’intelligenza più evoluta, “sequenziale”, la quale richiede una successione rigorosa che articola e analizza i codici grafici disposti in linea; vengono trattate più informazioni, ma stabilendo una successione, una gerarchia, un ordine, quindi.
Quando guardiamo un’immagine, invece, un quadro o un’immagine pubblicitaria, utilizziamo principalmente un’intelligenza “simultanea”, dove non è possibile dire – in un primo momento – cosa guardiamo prima e cosa guardiamo dopo.
Una parola può essere vista e analizzata in relazione ai suoni che la compongono oppure al suo significato, vedendola e concependola in modo globale, ma questo “globale” è diverso dalla “globalità” con cui guardiamo un’immagine, perché necessita comunque di rappresentazione.
Le tecniche di neuroimmagini hanno verificato e documentato l’esistenza di un modello di lettura a due vie: la via diretta-lessicale e la via indiretta-fonologica.
Di fronte alle parole scritte, a stringhe di lettere (input visivo), attuiamo un’esplorazione visuo-percettiva, con una prima differenziazione delle lettere dai disegni, un’analisi visiva, cui segue il riconoscimento delle lettere che compongono le parole.
A questo punto entrano in gioco o la via diretta-lessicale, il sistema semantico, dove al riconoscimento delle lettere segue il riconoscimento visivo della parola (lessico visivo in input), la produzione di parole (lessico fonologico in output) e l’entrata in campo, quindi, del sistema articolatorio (pronuncia e rappresentazione fonologica), oppure la via indiretta-fonologica, dove al riconoscimento delle lettere segue la loro identificazione (segmentazione), quindi la conversione grafema-fonema (e assemblaggio)e la loro articolazione, giungendo, così, alla stessa tappa finale della via diretta.
Quando impariamo a leggere, oppure da adulti di fronte a parole nuove, si attua la lettura attraverso la via indiretta-fonologica, la processazione seriale, il meccanismo cioè di scomposizione della parola in singole lettere; questo avviene in millesimi di secondo, ma richiede comunque un certo tempo.
Quando incontriamo nel leggere parole conosciute, che abbiamo già visto milioni di volte, allora la processazione seriale si attua sempre di meno, diventa sempre meno necessaria, fino a non attuarsi più per quelle parole, perché sono riconoscibili in un colpo solo, vederle e leggerle diventa immediato, come se le andassimo a prendere istantaneamente da un magazzino di parole che ognuno di noi ha dentro di sé, più o meno ricco.
Si passa così da una lettura fonologica indiretta, in cui c’è, come abbiamo detto, la scomposizione in lettere della parola, poi la loro fusione e quindi il recupero del significato della parola, alla lettura lessicale diretta, in cui c’è la decifrazione, il riconoscimento diretto della parola scritta.
FM. Da quanto esposto, ci sembra poter asserire che l’osservazione di immagini rappresenta un’attività cerebrale meno impegnativa, che forse – se usata intensamente – potrebbe generare una sorta di “pigra regressione” delle capacità intellettive?
FG. In un certo senso, sì. Guardare è più “facile” che leggere. La visione per immagini non richiede l’esercizio della mente che comporta la visione dei codici grafici, non necessita della capacità di decodificare segni e di elaborare concetti astratti.
In realtà, vi è una fase nell’acquisizione della letto-scrittura, quella iniziale, detta fase logografica, in cui la parola viene trattata come un disegno; a essa segue la fase alfabetica, in cui la parola viene analizzata lettera per lettera, quindi la fase ortografica, in cui la parola viene analizzata per unità ortografiche e infine la fase lessicale, in cui la parola viene trattata come un’unità dotata di significato.
La lettura presuppone in ogni caso una capacità di rappresentazione, perché né la forma grafica della parola riferita a un oggetto, ad esempio, né la forma fonica di quella parola hanno a che fare con l’immagine di quell’oggetto.
E nella rappresentazione intervengono funzioni metacognitive, di astrazione, simbolizzazione ed emotive. Già nella prima infanzia compare la capacità di pensare a un fatto molto complesso e del tutto astratto. Le persone possiedono rappresentazioni mentali della realtà, entità invisibili, ma fondamentali per capire l’altro in senso lato, umano e non, in termini cognitivi ed emotivi.
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Un tempo, quando il livello di analfabetismo era ancora molto elevato, chi non era in grado di leggere un testo era solito dire che “guardava le figure” del giornale tra le sue mani. Potrebbe forse essere questo lo sconcertante rischio che correrà l’uomo postmoderno? L’orizzonte di un neo-analfabetismo si profila minaccioso all’orizzonte dei social media.