Undicesimo: non condividere false notizie
La diffusione intenzionale di notizie false non rappresenta una novità. Se ne sono serviti Governi durante l’ultima guerra per ingannare il nemico, i regimi totalitari per imbonire le popolazioni, e lo stesso Sun-Tzu nel suo trattato “L’arte della guerra“ suggerisce: “Disturba il nemico con falsi allarmi e false informazioni“. Tuttavia oggi, l’esplosione e l’accessibilità globale ai social media ha portato con sé la conseguenza che le informazioni reali e quelle immaginarie sono presentate con modalità talmente simili che a volta può essere difficile separarle.
Oggi più che mai la celebre frase di Winston Churchill trova la sua sconcertante applicazione: “Una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni”. Una quota sempre crescente di popolazione mondiale si aggiorna e raccoglie informazioni solo dai social media acquisendo notizie non solo imprecise, ma talvolta completamente costruite.
Esistono centinaia (se non migliaia) di siti di notizie false in rete, da quelli che emulano volutamente l’aspetto dei quotidiani reali, ai siti di propaganda dei Governi fino a quelli che percorrono la sottile linea tra la satira e la pura disinformazione.
Alcuni dei meccanismi usati da questi “generatori di confusione” sono facilmente interpretabili e la chiave è comunemente rappresentata dal titolo che racchiude in sé il segreto della contraffazione. Un titolo che fa clamore, scandalistico o volutamente provocatorio, richiama l’immediata attenzione sui social media. L’utente poco accorto segue il link e giunge sul sito, con la conseguenza di aver aggiunto una nuova visualizzazione della pagina. Se lo scopo del “fake” è prettamente commerciale, questi siti contengono un gran numero di banner pubblicitari che generano al proprietario un “gettone” per ogni click o visualizzazione di pagina.
Altra chiave di inganno è rappresentata dal nome del dominio. Uno dei tanti siti italiani che pubblicano notizie false è repubblica24.com, il quale ha adottato un nome che richiama quello di un noto quotidiano nazionale al fine di generare maggiore confidenza sui contenuti. Eppure, da una breve indagine, quel dominio risulta essere registrato su un hosting condiviso americano, che nasconde il nome del proprietario. È inoltre sufficiente dare una rapida occhiata ai contenuti per accertarsi della scarsa serietà e del tono sensazionalistico delle informazioni riportate.
Al di là del titolo e dei primi due paragrafi, le maggior parte delle persone non legge più. In questo modo è sufficiente concentrare nelle prime righe la falsa notizia per ottenere l’effetto desiderato. Il ritorno economico di tutta questa attività è notevole. Questo genere di siti ospita sempre un gran numero di pubblicità web e i benefici che ne ricavano i proprietari vanno oltre qualunque ipotesi.
Come viene scelto il soggetto della notizia falsa? È sufficiente approfittare di alcune debolezze popolari, quali ad esempio la necessità di conferma dei pregiudizi o l’esigenza di accertare la correttezza del proprio modo di vedere. In altri termini, la gente cerca la prova che la loro visione del mondo sia quella giusta e appropriata perciò, rafforzando falsamente questa convinzione, si ha una grande visibilità e condivisione sul web. Studi accurati sulle tendenze e sui pareri pubblicati sui social media guidano i malintenzionati dell’informazione verso i temi dei giudizi e pregiudizi più popolari del momento, analizzando migliaia e migliaia di profili e post.
Il recente referendum costituzionale ha provocato in tal senso un fiorire indiscriminato di false notizie e informazioni fuorvianti. Un esempio per tutti: un sito sconosciuto (tg24.live) ha pubblicato questo titolo: “Agnese Renzi: ‘Matteo perdonami, ma al referendum voterò No’“. In poche ore il post ha raggiunto oltre 43mila condivisioni su Facebook, sebbene dalla lettura dell’articolo fosse evidente la falsità dell’informazione e la completa assenza di qualunque citazione di fonte.
Esistono delle regole molto semplici per discriminare con ragionevole certezza un sito falso da uno serio:
- Leggere tutta la notizia. Non limitarsi al titolo e alle prime tre righe poiché è proprio lì che vengono introdotte le “esche” più insidiose;
- Se non si è in grado di verificare l’intestatario del dominio (anche se è sufficiente inserire l’indirizzo principale in https://www.who.is oppure in http://www.register.it/domains/whois.html) navigare all’interno del sito per valutarne la professionalità e i temi trattati;
- Cercare sempre nella notizia la citazione della fonte. Una notizia clamorosa senza alcun riferimento sulla fonte, è quasi sempre “sospetta”;
- Se il sito anonimo contiene più pubblicità che informazioni, con finestre che si aprono e filmati che partono automaticamente, si tratta di un’attività prettamente commerciale, indirizzata per lo più all’acquisizione di contatti di visualizzazione e condivisione.
In un periodo storico in cui l’accesso all’informazione è globale, in cui la densità di comunicazione sembra aver raggiunto il suo massimo livello, la qualità dell’informazione stessa è talmente bassa da inquinare completamente i contenuti. Paradossalmente siamo meno informati oggi di quando le informazioni erano meno disponibili e fruibili.
Un’informazione errata o volutamente falsa genera confusione e smarrimento. Il risultato è di annebbiare la notizia vera con un bombardamento incontrollato di bugie, ottenendo lo scopo di creare nella massa un continuo ed esasperato effetto di “rincorsa della notizia“. In questo modo l’ansia aumenta, comportando una riduzione della lucidità di interpretazione dell’informazione in una spirale infinita di equivoci e menzogne.
Purtroppo nemmeno i giornali “ufficiali” sono esenti da incertezze in tal senso in quanto troppo spesso le redazioni utilizzano i social media come fonte di notizie e la corsa contro il tempo verso la pubblicazione o il servizio televisivo nasconde spesso un rischio di superficialità sull’approfondimento.
L’arma strategica delle notizie false, però, può essere potenzialmente usata anche per altri scopi ben oltre quelli meramente commerciali e in questi casi gli effetti risultano essere tragicamente sconcertanti. Una campagna informativa – se ideata e realizzata utilizzando raffinate tecniche psicologiche e sociologiche – può guidare, indirizzare e controllare intere masse di popolazione. Le stesse masse che, in uno Stato democratico, avranno poi il diritto/dovere di eleggere i Governi o i Presidenti i quali, con riferimento al paradosso della democrazia di Platone nella “Repubblica“, riuscirebbero a farsi consegnare “democraticamente” il potere.
Appare quindi evidente la necessità di un intervento fondamentale di “formazione digitale” a tutti i livelli. Dai professionisti della stampa – per meglio e più rapidamente individuare fonti sospette di informazione – alle scuole di ogni grado che dovrebbero consegnare agli studenti la capacità critica di ricerca, lettura e controllo incrociato delle fonti online.
Acquisire superficialmente un’informazione, spesso con la sola lettura di un titolo clamoroso, e – ancor peggio – condividerla e contribuire alla sua diffusione può facilmente portare al rischio di arrivare a mentire a se stessi, delegando il proprio libero arbitrio alla tendenza popolare più accreditata. Come scriveva Fëdor Dostoevskij ne “I fratelli Karamazov”: “Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne, arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé“.