La sfida della nuova rivoluzione scientifica
L’incessante ricerca scientifica verso la conoscenza dei segreti della natura e dell’Universo, nonché gli sviluppi del pensiero umano e le recenti scoperte in settori quali le neuroscienze e la biologia, hanno reso ormai evidente che per proseguire la strada di ricerca verso una visione più accurata della realtà fisica occorre integrare e considerare come parte del percorso tutti i contesti, le interconnessioni, le interrelazioni fra i diversi livelli di studio. Le risposte non potranno mai arrivare da una singola isolata disciplina scientifica, ma solo da una corretta condivisione di percorsi tra molteplici ambiti di ricerca e – soprattutto – dall’essere sempre aperti alla comprensione di ciò che è ignoto.
È facile immaginare come la fisica quantistica abbia segnato l’inizio di una nuova rivoluzione scientifica e culturale, al pari di tutte quelle già vissute del corso dei millenni precedenti. Scoprire improvvisamente che la materia che compone il nostro mondo macroscopico non è governata dalle leggi della realtà degli oggetti da essa stessa costituiti, oppure che la Natura ci permette di calcolare soltanto delle probabilità, ha rappresentato una decisa rottura con le teorie “esatte” della fisica classica.
I processi evolutivi dell’uomo sono continui e inesorabili, tuttavia non uniformi. L’evoluzione è in gran parte irreversibile e il modo in cui si sviluppa è decisamente non lineare a causa di eventi che introducono repentine accelerazioni e divergenze. La scoperta del fuoco – e successivamente la sua capacità di conservazione e trasporto – ha rappresentato una forte discontinuità nella linearità evolutiva. Così come pure tutto il fervore scientifico e culturale del Rinascimento e dello sviluppo industriale del ‘900, determinando una vera e propria rivoluzione in tutte le attività umane.
Nel periodo che va dal XVII al XIX secolo, la scienza ha vissuto un momento di continua e rapida evoluzione, seppur ancora relativamente lineare. Costruito sul paradigma fornito da Galileo, Keplero e Newton, emancipandosi dalla religione, ha guadagnato una posizione dominante nel mondo occidentale. Il ventesimo secolo ha visto un certo numero di rivoluzioni: prima in fisica e, successivamente, anche in biologia, cosmologia e lo studio della coscienza. L’impatto della scienza nella società è cresciuto, soprattutto attraverso lo sviluppo della fisica, nei trasporti, nella produzione, nell’elaborazione delle informazioni e nella comunicazione. Tuttavia, verso la fine di questo periodo, i ricercatori hanno dovuto confrontarsi con apparenti incompatibilità e problemi irrisolvibili soprattutto per quanto riguarda la natura della mente umana, non riconducibile a teorie evoluzionistiche, a schemi di neuropsichiatria, di neurofisiologia, di anatomia comparata e a formule matematiche. Ora un altro salto sta per verificarsi, una nuova rivoluzione scientifica.
I più grandi scienziati hanno ormai da tempo abbandonato la posizione dogmatica dello Scientismo dell’800, il quale faceva assurgere la Scienza a dignità di una religione assiomatica e inappellabile, per abbracciare una modalità più ampia che contempli al suo interno anche l’esistenza del Soggetto-osservatore (Uomo) dotato di una propria coscienza e autonomia. Fu proprio Werner Heisenberg[1] a sostenere che sarebbe stato un grave errore dividere il mondo in una realtà soggettiva e una realtà oggettiva, in un mondo “reale” e un mondo “spirituale” secondo la visione Cartesiana. La fisica quantistica ci ha dimostrato che abbiamo bisogno di ripensare le tesi della scienza classica, come la separazione totale tra il soggetto e l’oggetto, l’ipotesi che il mondo materiale è l’unico mondo “reale” e l’idea che la scienza può svilupparsi indipendentemente da altre fonti di conoscenza quali la teologia, la filosofia, le arti e la cultura.
Secondo Ervin Laszlo[2], una delle più grandi sfide per l’uomo di questo secolo è di riunire e riformare l’arte, la scienza, l’istruzione e la religione. Questi domini sono stati funzionalmente separati sin dall’Illuminismo, ma esiste una crescente urgenza per il dialogo così come una maggiore integrazione delle dimensioni e delle capacità umane. Secondo Laszlo, l’emergere di una scienza integrata di portata veramente transdisciplinare è una nuova realtà che costituisce di per sé una rivoluzione scientifica.
Alfonso Montuori (professore al California Institute of Integral Studies) ritiene che tale rivoluzione transdisciplinare non debba limitarsi alla sola ricerca scientifica, ma sarà necessario considerarla come un approccio globale alla società complessa di questo secolo. Sostiene Montuori[3]: “Il tipo di transdisciplinarità necessaria per iniziare a dare un senso al nostro mondo complesso potrebbe sembrare un gravoso impegno per ogni individuo. Ma ciò che è richiesto è una sorta di ‘creatività sociale’. Non solo il genio solitario specializzato esclusivamente nel proprio dominio, oppure il generalista enciclopedico, ma anche l’interazione di molte menti da altrettante discipline, disposte a impegnarsi e imparare con una nuova apertura alle possibilità di affrontare i problemi con modalità transdisciplinari“.
In un recente saggio[4] Ervin Laszlo pubblica una tabella riportante alcune caratteristiche contrastanti tra la tipica visione “moderna” – ispirata all’approccio meccanicistico-riduzionista della scienza newtoniana – e la vista emergente “sistemica”, basata sui concetti olistici derivati dai più recenti sviluppi della scienza. Se ne riporta un estratto in Fig. 1. È interessante un particolare: quella che viene indicata come “Visione emergente” in realtà è la visione delle tradizioni più antiche che si basano su una scienza globale in cui l’individuo impara a comprendere il suo posto nel mondo e a conoscere il posto di tutti gli esseri nel mondo stesso. Si prende nuovamente coscienza che l’uomo è un microcosmo nel macrocosmo (io nel mondo e il mondo in me).
Dopo tanti secoli di separazione riduzionista, gli stessi scienziati hanno compreso che per continuare nel percorso di ricerca occorre riscoprire un antico patrimonio proprio dell’uomo che ne costituisce la sua fondamentale caratteristica: la mente umana non è stata creata per analizzare separando (come potrebbe essere un programma per computer), ma per integrare ampliando.
Questa visione della nuova rivoluzione scientifico-sociale è ormai condivisa dai maggiori esponenti della ricerca mondiale. Oltre al già citato Ervin Laszlo, i lavori del fisico Roger Penrose sulla coscienza sono un raffinato esempio di anti-riduzionismo, così come quelli di Freeman Dyson sulla metafisica della mente cosmica. Anche il grande antropologo Gilbert Durand, alla fine del secolo scorso, ha teorizzato la necessità di ricomprendere la conoscenza in seno ad un’unica ‘Scienza dell’Uomo’ che miri al superamento della frattura tra soggetto e oggetto, tra uomo esteriore e uomo interiore, a favore di una ricerca collegiale, pluridisciplinare e transdisciplinare che eviti, per quanto possibile, le ossessioni personali, i provincialismi delle specializzazioni, gli etnocentrismi.
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[1] Heisenberg W., ‘Fisica e filosofia’, Milano, Il Saggiatore, 2008.
[2] Laszlo, E., ‘Vision 2020’, New York, Gordon and Breach, 1994.
[3] Montuori, A., ‘Planetary culture and the crisis of the future‘, World Futures, 54: 4, 297 — 311, 1999.
[4] Laszlo E. & Naveh Z.,‘Systems concepts for a transdisciplinary landscape science’, Laufener Spezialbeiträge, 2012