Il Social Business Forum: evento internazionale o kairòs?
Il 7 e 8 luglio si terrà a Milano il Social Business Forum, organizzato da OpenKnowledge, una società di “management consulting focalizzata sulla social e digital transformation”. L’evento internazionale fonda la sua agenda sui temi dell’organizzazione collaborativa, dell’innovazione aperta e del marketing partecipativo.
Il termine “Open Knowledge” (conoscenza aperta), lascia spazio a interpretazioni di largo respiro. Sebbene porti lo stesso nome, occorre non confondere la società milanese di consulenza con la Open Knowledge OKFN, un’organizzazione a rete no-profit nata nel 2004 a Cambridge (Regno Unito) con lo scopo di rendere libere le informazioni e creare una condivisione della conoscenza.
OKFN, attraverso la sua attività, immagina un mondo in cui:
- La conoscenza crei potere per molti, non per pochi;
- L’accesso ai dati consenta di fare scelte informate su come viviamo, cosa compriamo e chi ottiene il nostro voto;
- Le informazioni e approfondimenti siano accessibili – e chiari – a tutti.
La società Open Knowledge, dal canto suo, ha invece pubblicato nel 2012 il Manifesto del Social Business (disponibile solo in lingua inglese), la loro visione strategica che in 59 tesi spiega come viene oggi richiesto alle imprese di trasformarsi in maniera collaborativa ed emergente.
L’imminente Social Business Forum è giunto alla sua ottava edizione e sarà certamente un evento che richiamerà molti partecipanti, vista l’agenda e gli speaker coinvolti. Ma sarà possibile che un nuovo evento internazionale rivolto alle imprese possa finalmente trasformarsi in un’opportunità di cambiamento?
Si auspica che questo avvenimento possa rappresentare l’inizio di altre iniziative che aiutino a comprendere tutte le potenzialità della conoscenza distribuita e i molteplici campi che possono essere arricchiti da queste risorse.
I leader aziendali e la struttura di management dovranno inevitabilmente rivedere i propri paradigmi lavorativi ampliando le loro visioni oltre le rispettive abilità. La sfida principale consiste nell’indurre i propri manager a cambiare il loro sistema di riferimento, introducendo nuovi metodi per comprendere la dialettica complessa della realtà e superando le barriere delle proprie professionalità.
Si auspica inoltre anche un ulteriore collegamento tra tutti i domini che già si sono affacciati alla risorsa della conoscenza distribuita e aperta, che ha tra le sue caratteristiche più interessanti quella di moltiplicare in maniera esponenziale le potenzialità di individui, istituti di ricerca, discipline scientifiche, ecc., connettendole in un grande progetto interdisciplinare.
In tal senso, molti studiosi, esperti e ricercatori internazionali hanno notevolmente contribuito a creare una nuova visione che tenda a riportare l’attenzione verso il superamento delle barriere di specializzazione e consentire al management aziendale di attivare le proprie capacità intuitive e creative. Si vedano ad esempio i precedenti articoli in questo blog: Progetto Studi Integrali.
Il filosofo francese Edgar Morin ha scritto: “Abbiamo bisogno di una modalità di pensiero che ricolleghi ciò che è disgiunto e diviso in compartimenti, che rispetti la diversità in quanto riconosce l’unità, e che cerchi di discernere le interdipendenze” (Morin, E. and B. Kern. 1999. Homeland Earth: A manifesto for the new millennium).
Alfonso Montuori (professore al California Institute of Integral Studies) ha fondato e presiede i corsi di laurea in Transformative Leadership e Transformative Studies. Nel suo saggio “Complexity and Transdisciplinarity: Reflections on Theory and Practice” scrive: “La società in rete, con la straordinaria potenza delle nuove tecnologie, ci permette di accedere a più informazioni che mai. Il problema ora non è l’accesso alle informazioni, ma come organizzarle, trasformarle in conoscenza, e usare quella conoscenza con saggezza. Questa è la sfida della complessità e transdisciplinarità”.
Gilbert Durand, antropologo, filosofo ed ermeneuta tra i più sottili e coraggiosi del novecento, ha più volte ribadito la necessità che tutte le Scienze dell’Uomo ritornino a essere un’unica Scienza dell’Uomo il cui centro, il comune luogo simbolico è quello di essere ’scienza ai confini del sapere’.
Il fisico teorico Basarab Nicolescu, fondatore del CIRET e autore del Manifesto della Transdisciplinarità, ha dichiarato: “Potrebbe sembrare paradossale che è dal cuore stesso delle scienze esatte che arriviamo all’idea di limiti della conoscenza disciplinare. Ma dall’interno, si fornisce la prova del fatto che, dopo un periodo molto lungo, la conoscenza disciplinare ha raggiunto i suoi limiti con conseguenze di vasta portata, non solo per la scienza, ma anche per la cultura e la vita sociale” (B. Nicolescu – Methodology of Transdisciplinarity – Atlas 2010).
Da ogni settore della società moderna, pertanto, viene sentita con forza e determinazione l’esigenza di una più ampia partecipazione dell’uomo (e con esso le imprese che governa e dirige) a una visione della vita e delle logiche che ne fanno parte sfumando le barriere imposte dalla crescente specializzazione tecnologica. Sembra che il momento sia propizio al cambiamento per ritrovare di nuovo quella capacità di integrazione, intuizione e creatività propria delle connessioni analogiche del pensiero umano.
L’imminente Social Business Forum potrebbe cogliere questa opportunità e trasformare le due giornate di conferenze e Business Case in un vero e proprio kairòs dell’innovazione trasformativa. Questo il nostro auspicio.