da “Hermann e Sveva”
Il tempo scorre in modo diverso per alcuni di noi, seppure l’uomo abbia artatamente voluto codificarne una misura universale per tutti. La misura, le grandezze cosiddette misurabili, hanno chiuso le nostre emozioni in ineludibili conchiglie virtuali. Certo, è sotto gli occhi di tutti che il peschereccio di Ciro Saporito misura esattamente la distanza tra due bitte fisse sul nostro molo, e non c’è dubbio su questo. La misura dello spazio sembra essere più umanamente accettabile. Ma a quanti di voi sarà capitato alla fine di una giornata di avere l’esatta cognizione che da quella particolare alba a quel tramonto fosse passato molto più tempo rispetto a quello del giorno prima? Oppure la palese differenza che esiste – in termini di scorrere del tempo – tra una settimana passata a letto con l’influenza e una trascorsa in un’intensa attività di lavoro o di piacere?
Quando i giorni passano uno uguale all’altro, nel voltarci indietro a ricordarli ci appaiono tutti indistinguibili fra loro e non riusciamo più a misurarli, non c’è alcuna differenza tra un’ora e l’altra, e la più piccola definibile unità temporale è il giorno nella sua totalità: il tempo sembra perciò avere accelerato il suo rintocco. Ma ecco invece che della settimana di avvenimenti frenetici riusciamo a ricordare ogni giorno, addirittura ogni ora di ciascuno di essi, con riferimenti precisi e molto chiari, tanto che ci sembra di riuscire a spezzettare il tempo e ogni suo singolo istante in infinite particelle ciascuna degna di propria dignità: abbiamo rallentato l’inesorabile flusso di chicchi dell’orologio a sabbia e siamo riusciti ad apprezzarne ogni minuscolo granello.
Sono perciò i fatti e gli avvenimenti il nostro organo di percezione del passare del tempo. Più densi sono questi, più lentamente scorrerà la nostra clessidra.
(Tratto da Hermann e Sveva – Acquista una copia)