Elena: il potere del simulacro
La storia di Elena racconta quella di una figlia con due madri. Zeus, infatti, corteggiava con insistenza Nemesi – la dea dell’offesa che si ritorce contro se stessa – ma questa non si curava di lui e respingeva le sue cortesi attenzioni. Occorreva un’astuzia divina, perciò Zeus chiese consiglio ad Afrodite che escogitò uno stratagemma: Zeus si sarebbe trasformato in cigno e Afrodite – sotto forma di aquila – avrebbe finto di inseguirlo.
Nemesi vide il cigno bianco nell’aria che svolazzò affannosamente verso di lei, per ripararsi dall’aquila inseguitrice. Il cigno, spaventato, si avvicinò al ventre di Nemesi la quale, per proteggere l’animale, si addormentò stringendolo fra le gambe. Durante la notte, Zeus-cigno si svegliò e stuprò Nemesi addormentata.
Più avanti, dal ventre di Nemesi fuoriuscì un uovo candido. Hermes lo prese e lo portò a Sparta, nel ventre di Leda, madre dei gemelli Castore e Polluce. Allo schiudersi del grande uovo, si intravide dentro il guscio una minuscola, perfetta figura di donna: Elena.
Nella sua vita Elena non fece altro che mostrarsi e tradire. Aveva un tale dono per l’imitazione (dono ricevuto da Afrodite) che la chiamavano Eco. Simulava facilmente ogni verità, ed era l’essere più privo di virtù che si possa incontrare nella mitologia classica. Forse non aveva psicologia. Se piangeva, nascondeva le sue lacrime e la sua cura andava solo verso l’apparenza.
Quando giunse a Micene e trovò la sorella Clinennestra appena sgozzata, Elena in segno di lutto si tagliò le punte dei capelli, ma non troppo per non perdere la sua bellezza. La doppiezza delle madri aveva portato Elena inesorabilmente verso il destino dello sdoppiamento.