Parlamento Europeo: positive le prove su Ubuntu, OpenOffice e Firefox
Il Parlamento Europeo ha recentemente sottoposto a test Ubuntu, OpenOffice, Firefox e altre applicazioni OpenSource, secondo quanto riportato da James Nicholson in una lettera indirizzata all’eurodeputato italiano Marco Cappato.
Nicholson afferma che i test svolti hanno pienamente soddisfatto le esigenze del Parlamento Europeo, sebbene ciò non indichi che Ubuntu posso sostituire nell’immediato l’attuale sistema in uso. Il PE sta considerando un cambiamento nell’approccio verso i servizi IT, verso un’architettura service-oriented che porterà sempre più all’uso intensivo dell’Open Source.
La lettera di Nicholson è stata inviata in risposta a un preciso quesito di Marco Cappato, il quale ricordava che la Commissione Europea ha multato Microsoft per un importo di 1,68 miliardi di euro per abuso di posizione dominante e che da allora il Parlamento Europeo (a differenza della Commissione) ha continuato ad usare estensivamente prodotti Microsoft. Ciò – dichiara Cappato – rende le istituzioni dipendenti da un unico venditore dominante, con conseguenti problemi di interoperabilità.
Ho letto la lettera di risposta di Nicholson, che allego a questo post, e non mi ha convinto per niente. Mi sembra veramente un tentativo di circostanza e soprattutto conferma la dichiarazione di Cappato quando giustifica la non immediata adozione di Ubuntu in quanto l’attuale struttura “è il risultato di un’evoluzione pluriennale …. di interazione con le architetture applicative utilizzate“. Appunto. Microsoft.
Scarica qui la lettera di J. Nicholson.
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mii! sei andato in tv!
Caro fabio,
certe volte ci penso: buttare nel bagno anni e anni di investimenti in software, personale, architetture di rete etc etc solo per scegliere linux! Io credo che un passo verso un qualsiasi sistema libero sia indispensabile, ma costringerli subito, immediatamente, forse non è il caso. dietro 3000 computer di una struttura qualsiasi ci sono reti, server, stampanti, risorse, applicazioni scritte apposta e quant’altro che possono presentare problemi nell’immediato. Senza dimenticare il più grande problema dell’informatica moderna: l’utente. Costringere l’utente a cambiare piattaforma non significa certamente libertà.
Per questo, io continuo a credere che finchè linux sarà elitario, continuerà a piacermi. Un bel giorno linux sarà usato ovunque, anche nel software del mio bagno, e forse inizierò a buttarmi su qualcos’altro di elitario, ….tipo eComStation…!
buonaserata.
Michele
Michele,
il processo di migrazione non è mai immediato e la società che provvede ad esso, se seria, prima analizza completamente tutti i processi aziendali per rendere il trasferimento assolutamente indolore. Se ti chiedono di “buttare nel bagno…”, significa che non sei in buone mani! Con Linux – anzi – riutilizzi anche hardware che pensavi fossero obsoleti e che tenevi in cantina.
L’interfaccia utente è assolutamente comparabile, se non migliore, con quella attualmente in loro possesso.
Non posso che concordare con Fabio, la migrazione deve essere sempre progressiva e quanto più indolore possibile, e sicuramente gli strumenti opensource da questo punto di vista sono in grado di permetterlo; non è necessario ridisegnare l’architettura di rete per il passaggio a Linux, ne a livello di server ne tanto meno a livello di desktop: server di posta, server dati e database sono sovrapponibili agli equivalenti closed source, l’interfaccia verso l’utente desktop è ormai amichevole quanto se non più di quella Windows, come anche il supporto all’hardware che è ormai altissimo. Lo scoglio maggiore potrebbero essere le applicazioni custom, che dovrebbero essere portate su Linux, ma non credo utilizzino molte applicazioni di questo tipo.
Purtroppo dietro scuse un po’ stiracchiate molte volte si cela una politica di ostruzionismo (spesso legata ad interessi economici di parte); il discorso della scarsa integrazione è una vecchia scusa nemmeno troppo credibile oggi: openoffice3 (che loro dicono di utilizzare in una lettera datata 4/4/8 quando la prima beta è di 2 giorni fa) apre i file Msoffice fino al 2007/2008, firefox è compatibile con la maggioranza dei siti (e sicuramente con tutti quelli che servono in un ambiente lavorativo), thunderbird non ha problemi ad interfacciarsi con server pop o imap. Come dicevo potrebbero mancare alcune applicazioni custom, ma in attesa di portarle su Linux sarebbero probabilmente eseguibili con Wine.
Interessante! Usano OpenOffice.org 3! Ma non doveva uscire a Settembre 2008? 😀
La cosa non mi convince tanto. A parte OpenOffice, Firefox e LAMP dopo cosa usano?
Se è solo quello che gli serve bene, ma non penso che sia cosi.
E poi questi tre software vanno avanti bene solo perche ricevono qualche finanziamento da Sun e IBM. Lo sviluppo di OpenOffice ad esempio dipende al 99% da queste”beneficenze”, l’apporto dei volontari e minimo: per sviluppare e mentenere un software del genere ci vogliono decine di esperti che ci lavorano a tempo pieno tutto il giorno.
Se un giorno decidono di non finanziarli piu cosa succede?
Per inoltre Linux mancano ancora molti software, e vedo molte aziende che stentano a voler produrre il loro software anche per una cosa che sembra piu un’accozzaglia di codice presa da piu progetti diversi e messa insieme da volontari che non un vero Sistema Operativo.
Imho ci sono ancora troppe problematiche, prima di vedere Linux che supera il 5% dello share mondiale bisognera aspettare ancora anni e anni.
@eu, perdonami ma non posso essere d’accordo. A parte che lo sviluppo di OpenOffice conta su una vasta comunità, ma alla tua domanda: “Se un giorno decidono di non finanziarli piu cosa succede” potrei chiederti di rimando: “se un giorno Microsoft decide che devi cambiare tutti i programmi che fai?”.
Anche Gartner, il più grosso analista mondiale del settore, pare non concordare con la tua visione.
Trovo che l’osservazione di eu non sia peregrina, ma ci sono buoni motivi per essere cautamente ottimisti sul futuro. Infatti oltre agli sviluppatori Sun (già Star Division) oggi svettano sviluppatori di alcune altre aziende, occidentali e non. E non è un caso che la Cina ospiti la prossima OOo conference.
Se Sun dismetterà il comunity council e si deciderà ad avviare una fondazione, non vedo nuvole all’orizzonte. In caso contrario avremo una prolifericazione di “dialetti” di OOo in salse più o meno proprietarie, ma tutti basati su una comune base di codice che a oggi non trova sostentamento dal mercato.
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