Apollo e la nascita di Asclepio
Un giorno Apollo notò la principessa Coronis mentre si lavava i piedi sulle rive di un lago, e subito la desiderò. Per il dio figlio di Leto il desiderio era un’emozione improvvisa che rischiava di legarlo agli umani, e di cui doveva liberarsi rapidamente. Scese su Coronis e la prese d’impeto, come lo scoccare di un dardo.
A differenza di Dioniso, per Apollo l’incontro di due corpi non poteva essere un assorbimento o una mescolanza: doveva necessariamente trattarsi di un urto essendo egli un dio che si fondava sul distacco dagli umani, come pure Atena e Artemis.
Apollo lasciò poi una strana creatura, un corvo dalle piume bianche come la neve, a custodire l’amata Coronis. Dopo poche settimane la donne si accorse di essere incinta, ma nel frattempo fu attratta da uno straniero che veniva dall’Arcadia e che si chiamava Ischys (in alcuni testi questo personaggio è assimilato a Teseo). Il corvo vide la principessa che si concedeva a Ischys e subito volò a Delfi per informare il suo padrone dell’accaduto.
Apollo divenne una furia: la sua corona d’alloro cadde nella polvere e trasformò le piume del corvo in un nero come la pece. Poi si rivolse alla sorella Artemis, chiedendole di vendicarlo e di uccidere Coronis. Non è la prima volta che Artemis viene invocata come artefice della vendetta di un dio: lo stesso fece Dioniso quando le chiese di uccidere Arianna.
La freccia di Artemis si conficcò nel petto di Coronis la quale, ormai morente, sussurrò ad Apollo di avere suo figlio in grembo. Allora il dio tentò invano di rianimarla ma quando il corpo della principessa fu steso sul rogo e il fuoco fu appiccato, le fiamme si aprirono davanti alla mano di Apollo che estrasse dal ventre di Coronis suo figlio, Asclepio, colui che guarisce.
Di Coronis perciò non rimase che un mucchio di cenere, e la stessa sorte toccò molti anni dopo anche a suo figlio Asclepio che aveva osato riportare in vita un morto, provocando l’ira di Zeus che lo folgorò. Quell’unica volta, Apollo pianse.