Da “L’intimo colloquio”
Carboni non poteva avere dubbi: si trattava della planimetria del chiostro interno della Facoltà, un tempo appartenente all’antico convento, con il suo pozzo centrale e il piano seminterrato sottostante la costruzione di cui Carboni non era nemmeno a conoscenza. Era un documento sicuramente interessante anche dal punto di vista storico ma cosa se ne faceva Finzi? Inoltre, aveva messo lui quel segno rosso con la penna? Ma, soprattuto, perché la planimetria era nascosta così accuratamente? Quel segno rosso apposto in prossimità di una porta del seminterrato era quasi certamente stato disegnato da Finzi.
Prese il foglio, lo ripiegò con cura e lo infilò tra le pagine di un quaderno dentro la sua borsa. Aveva ancora una mezz’ora prima dell’inizio della lezione e nonostante il cielo minaccioso e carico di nubi, quella mattina non pioveva perciò Carboni decise di fare una passeggiata giù al chiostro prima di salire in aula.
Percorse così tutto il cortile posteriore che era più basso del piano stradale di via Eudossiana e risalì una rampa di scale, fino a trovarsi a fianco dell’ingresso al chiostro. Superata la porta a vetri sulla destra, si trovò subito sotto il meraviglioso porticato cinquecentesco, percorso da un via vai di studenti e professori. Carboni camminò lentamente, cercando di osservare meglio quel luogo nonostante l’avesse frequentato ormai per lunghi anni.
Guardò con attenzione le stupende colonne che sorreggevano gli archi dei portici sui cui capitelli erano impressi gli stemmi Della Rovere, il lastricato, i disegni, ma inesorabilmente lo sguardo tornava sempre al centro del portico: il pozzo. Non ricordava di averci mai fatto molta attenzione ma il pozzo era situato sul punto centrale di un perfetto ottagono regolare disegnato da una pavimentazione in mattoncini bianchi; dalla metà di ogni lato dell’ottagono, poi, partivano dei lunghi raggi realizzati con le stesse piastrelle bianche che congiungevano il pozzo con il porticato. Visto dall’alto doveva sembrare un sole che splendeva al centro del chiostro.
Prese il foglio, lo ripiegò con cura e lo infilò tra le pagine di un quaderno dentro la sua borsa. Aveva ancora una mezz’ora prima dell’inizio della lezione e nonostante il cielo minaccioso e carico di nubi, quella mattina non pioveva perciò Carboni decise di fare una passeggiata giù al chiostro prima di salire in aula.
Percorse così tutto il cortile posteriore che era più basso del piano stradale di via Eudossiana e risalì una rampa di scale, fino a trovarsi a fianco dell’ingresso al chiostro. Superata la porta a vetri sulla destra, si trovò subito sotto il meraviglioso porticato cinquecentesco, percorso da un via vai di studenti e professori. Carboni camminò lentamente, cercando di osservare meglio quel luogo nonostante l’avesse frequentato ormai per lunghi anni.
Guardò con attenzione le stupende colonne che sorreggevano gli archi dei portici sui cui capitelli erano impressi gli stemmi Della Rovere, il lastricato, i disegni, ma inesorabilmente lo sguardo tornava sempre al centro del portico: il pozzo. Non ricordava di averci mai fatto molta attenzione ma il pozzo era situato sul punto centrale di un perfetto ottagono regolare disegnato da una pavimentazione in mattoncini bianchi; dalla metà di ogni lato dell’ottagono, poi, partivano dei lunghi raggi realizzati con le stesse piastrelle bianche che congiungevano il pozzo con il porticato. Visto dall’alto doveva sembrare un sole che splendeva al centro del chiostro.
tratto da: “L’intimo colloquio“
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